La bambina di neve scritto da Eowyn Ivey è un libro del 2009, tradotto per Einaudi nel 2011 da Monica Pareschi, ed è il romanzo che inaugurerà il nuovo anno del nostro gruppo di lettura.

L’autrice è una “collega” lavora infatti in una libreria indipendente in Alaska, dove vive con marito e figlie. La storia del libro che ha scritto si svolge proprio lì, in Alaska, nel 1920. Con questo romanzo è stata finalista al Pulitzer.

Ero quasi certa di iniziare il nuovo anno dovendo portare la giustificazione per non aver letto il libro proposto, perché ho iniziato ieri sera e il gruppo di lettura si riunirà lunedì, ossia DOMANI!

Per mia grande sorpresa, mi sono divorata queste 409 pagine in un giorno. Complice la febbre che mi ha costretta a casa? Non credo.
Ci sono autori che si sentono offesi se dici che il loro libro si divora e si legge tutto d’un fiato, perché a loro dire è sinonimo di mancanza di interesse, di un libro che non resta.
Dal mio punto di vista invece, se un libro riesce a tenermi incollata e a non distrarmi nonostante tutti gli stimoli esterni, whats app, facebook, notifiche di ogni genere, serie tv preferite, telefonate e qualsiasi altra cosa vi venga in mente, allora ha colto nel segno. Ma si sa, siamo tutti diversi e questo è il bello.

Come sapete non sono poi così portata a scrivere recensioni,  preferisco tuttavia raccontare quello che è rimasto del libro lasciando che a parlare siano le parole dell’autore.

Incipit:
Mabel sapeva che avrebbe trovato silenzio. In fondo, era ciò che voleva. Niente vagiti o vocine infantili. Niente grida giocose dei figli dei vicini per strada. Sulle scale di legno consumate dai passi di una generazione dopo l’altra, nessuno scalpiccio di piedini, niente giocattoli che sbattono sul pavimento della cucina. Si sarebbe lasciata alle spalle tutti i rumori dei suoi fallimenti e rimpianti, e al loro posto ci sarebbe stato solo silenzio. […]

Una coppia, Jack a Mabel decide di trasferirsi in Alaska, lontano da tutto e da tutti. Convinti che loro due potranno e dovranno bastarsi. Ma non sono soli, il dolore per la nascita del loro unico figlio, morto non appena venuto al mondo, non li lascerà mai. Del resto le assenze fanno sempre più rumore delle presenze.

Non sono più giovanissimi e l’Alaska li mette a dura prova. Jack non si perdona il fatto di non riuscire a dare alla moglie la vita agiata che si merita e Mabel vorrebbe aiutare il marito che invece la preferisce in casa ad occuparsi del focolare. Ma può esistere un focolare caldo accogliente, una vera famiglia senza figli?

Mi è piaciuta molto la descrizione di una coppia che ormai si conosce a memoria, gli sguardi, i silenzi, le abitudini che si ripetono. Il batticuore che non fa più rumore come da giovani, ma poi basta un tocco, due corpi che si conoscono a memoria.

[…] Dopo tutti quegli anni, un punto di lei palpitava ancora al suo tocco, e la sua voce, roca e sommessa, le faceva correre un fremito lungo la schiena. Nudi, andarono in camera da letto. Sotto le coperte, i corpi si cercarono, braccia gambe spine dorsali anche, finché trovarono le dolci linee familiari, come le grinze di una vecchia mappa che era stata piegata e ripiegata per anni. […]

E poi la neve, una costante del romanzo, neve che attutisce le emozioni, neve che amplifica le paure, neve che copre i pericoli, neve che li vede complici nel creare insieme un pupazzo con tanto di sciarpa e guantini. Un pupazzo di neve che al mattino sembra essersi sciolto, ma lo sono anche la sciarpa e i guanti che i due hanno messo con tanto amore attorno al collo di quel viso che sembrava così reale.
Da quel momento strane apparizioni, sembra esserci una bambina nel bosco, una bambina che indossa proprio la sciarpa e i guanti spariti.
Ma la loro è solo una visione?
Un desiderio?
La voglia di avere nella propria vita quello scalpitio e quelle risate di bambini dai quali sono scappati?
Quanto è reale e quanto solo suggestione?

Non voglio svelare altro, vi rovinerei la storia, ma sono certa che domani alla discussione del gruppo di lettura ci saranno pareri discordanti e qualche scambio di vedute acceso
Ah, cosa possono fare i libri?!?
Ma soprattutto: quanto è difficile consigliare il libro perfetto?
Già solo in questo caso, i pareri sono opposti.
Un esempio? Eccovi qualche messaggio che ci siamo scambiati durante la lettura:

– la bambina di neve è un libro bellissimo, mi ha toccato nel profondo.
– magia e realtà che si confondono immergendoci in vite senza tempo che potrebbero essere le nostre
– non mi è piaciuto per nulla. Non amo le storie ambientate nella natura selvaggia, mi annoiano tremendamente
– salvo solo le prime 150 pagine. Poi due palle esagerate!

E tanti altri commenti.
E pensare che passo le mie giornate a provare a consigliare il libro prefetto per ogni occasione.
Ma esiste davvero il libro perfetto? Ci sono talmente tante variabili che diventa davvero difficile.
E voi? C’è un libro che avete letto perché consigliatovi da un amico, ma che ha deluso le vostre aspettative?

Per quanto mi riguarda, La bambina di neve è un libro che consiglierei, anzi, tolgo il condizionale… è un libro che consiglio.

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Eowyn Ivey